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L'ASSASSINIO DELLO ZAR
(TSAREUBIJTSA)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 maggio 1991
 
di Karen Shakhnazarov, con Malcolm McDowell (Unione Sovietica, 1991)
In un ospedale psichiatrico di Mosca un malato è convinto di essere l'assassino dello zar Nicola II. C'è un medico che lo cura: e, cosa forse non insolita per i trattati di psichiatria, il proprio zelo terapeutico lo conduce a sua volta alla schizofrenia. Fino a convincersi di essere lui stesso il disgraziato Romanov.

Già notato alla Quinzaine dell'89 per la sua satira nell'assurdo della società sovietica (CITTÀ ZERO), Shakhnazarov non è uno al quale mancano le idee. Ringraziando la glasnost, ha fatto suo un manoscritto fino a poco tempo fa accuratamente occultato: quello del presunto responsabile dell'esecuzione del 18, Iakov Yourovskii. E su questa base ha costruito una sceneggiatura che non vi molla fino alla fine, anche se sapete fin dall'inizio come va a finire.

" Non si uccidono delle persone in nome di una idea, e nemmeno se l'idea è una di quelle buone ". " Non si costruiscono le società se si iniziano le rivoluzioni uccidendo dei bambini ": tutte cose che pare Dostojevski avesse scritte molto tempo prima del 17. Ma che Shakhnazarov ci ricorda utilmente. Il fascino del suo film deriva dal fatto di non essere una cronaca, ma nemmeno una fantasticheria decorativa: piuttosto una rivendicazione. Quella al diritto di sognare : " Sei sicuro che sia poi meglio essere un Piotr, o un povero Ivan, piuttosto che un Mozart o un Napoleone? " dice il medico ad un collega. Concedendo ai suoi due protagonisti il diritto di viaggiare con la mente, Shakhnazarov si riserva quello che il cinema egualmente gli permette, il viaggio lungo il tempo, sempre più veloce fra presente e passato, fino a lasciar trasparire l'immagine subliminale della memoria.

L'ASSASSINIO DELLO ZAR si organizza cosi tra il 17 che tutti sanno, il 18 del massacro dei Romanov, il 39 della morte di Yourovskii, e il 91 del paziente e del suo medico che rivivono più che ricordano. Ed il film, tutto ad un tratto non è più una diligente illustrazione (le ultime giornate, le ultime ore nella casa di Ekaterinburg ricostruite con meticolosa, un po' teatrale ma commossa attenzione) di un fatto storico mai esattamente chiarito. Piuttosto uno squarcio rivelatore della coscienza collettiva del dopo-glasnost : quasi un modo di andarsi ad interrogare (o esorcizzare?) sulle ragioni di una follia che non è più quella dei due schizofrenici.


   Il film in Internet (Google)

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